Manuale di Terapia dei Disordini Temporomandibolari
Dr F Pedetta - Dr.ssa L Stefanelli
Eziopatogenesi DTM (work in progress...
INTRODUZIONE
ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL DOLORE
Nell’area oro-facciale possono manifestarsi dolori di origine diversa.
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-Dolore dentario
-Dolore viscerale (ghiandolare, oculare, auricolare…)
-Dolore muscolare
-Dolore delle ATM
-Dolore delle mucose, osso, periostio e connettivo
-Dolore sintomatico da patologie di altri apparati
-Mal di testa
-Dolore neuropatico
-Aspetti psico-sociali del dolore
I disordini temporomandibolari ( o mioartropatie del sistema masticatorio) causano soprattutto dolore muscolare e articolare.
Comunque il dentista dovrebbe conoscere anche il dolore neuropatico, che può insorgere anche in seguito ad interventi odontoiatrici o disordini temporomandibolari non curati correttamente.
Secondo J.P. Okeson il dolore non è una sensazione ma un’esperienza che possiamo schematizzare nel seguente modo:
NOCICEZIONE
DOLORE
SOFFERENZA
COMPORTAMENTO DEL DOLORE
NOCICEZIONE indica lo stimolo nocivo che origina dal recettore primario. L’informazione viene portata al Sistema Nervoso Centrale dal neurone primario.
DOLORE indica la sgradevole sensazione registrata dalla corteccia. Il Sistema Nervoso Centrale ha la capacità di modulare lo stimolo nocicettivo prima del suo arrivo alla corteccia (teoria del cancello).
SOFFERENZA indica come l’individuo reagisce alla percezione dolorosa.
COMPORTAMENTO DEL DOLORE si riferisce alle manifestazioni verbali e non verbali con cui il soggetto manifesta la propria sofferenza.
CLASSIFICAZIONE CLINICA DEL DOLORE
Dal punto di vista clinico il dolore bisogna saper distinguere:
-il DOLORE PRIMARIO (o Primitivo) dal DOLORE SECONDARIO (o Eterotopico).
-il DOLORE ACUTO dal DOLORE CRONICO
-il DOLORE PERCETTIVO dal DOLORE NEUROPATICO.
Il dolore si definisce Primitivo quando la zona di origine e la zona di manifestazione del dolore sono la stessa.
Il dolore si definisce Secondario quando la zona di origine e la zona di manifestazione del dolore non sono le stesse.
Tipico dolore Secondario è il dolore dell’infarto miocardio, nel quale la zona di origine è il cuore e la zona manifestazione del dolore può essere, per esempio, a livello dell’arto superiore sinistro.
Un altro tipico esempio di dolore Secondario è, come si vedrà in seguito, quello della patologia miofasciale da punti trigger.
Il dolore Secondario a sua volata si definisce PROIETTATO quando la zona di origine e la zona di manifestazione seguono lo stesso nervo.
Si definisce RIFERITO quando la zona di origine e la zona di manifestazione del dolore seguono nervi diversi.
Il dolore si definisce ACUTO quando dura da meno di 3-6 mesi, in questo caso la lesione che ha causato il dolore è generalmente apparente ed il dolore avrebbe una sua funzione di protezione.
E’ meglio dire “avrebbe una funzione di protezione” perché su questo argomento si potrebbe discutere a lungo.
Difatti una lesione che non compromette la sopravvivenza, come per esempio una pulpite dentaria, può causare un dolore insopportabile, mentre una lesione che mette a rischio la sopravvivenza, come un tumore maligno, anche esteso, può non dare sintomatologia alcuna dolorosa.
Il dolore CRONICO invece può non avere più una funzione di protezione e può avere effetti nefasti sulla salute del paziente.
Quando il dolore diventa cronico subentrano fattori quali:
-la SENSIBILIZZAZIONE CENTRALE
-l’ esaurimento del SISTEMA MODULATORIO DISCENDENTE.
Inoltre vengono coinvolte la sfera emotiva e sociale del paziente per cui subentrano fattori PSICOPATOLOGICI.
Pertanto si potrebbe dire che il dolore CRONICO può diventare una malattia a se stante, indipendente dalla lesione che lo ha causato, un dolore NEUROPATICO, e come tale va curato.
Il dolore NOCICETTIVO è una esperienza sensoriale che nasce dal neurone sensoriale periferico specifico (nocicettore) in risposta a stimoli nocivi.
La zona dolorosa è descritta sovente come pulsante, sorda e irradiante.
Generalmente è limitato nel tempo.
Risponde agli analgesici classici.
Il dolore NEUROPATICO è causato da una lesione o disfunzione primari a livello del Sistema Nervoso Periferico o Centrale.
E’ descritto sovente come folgorante, tipo uno choc elettrico, o tipo un bruciore; spesso associato a formicolii o intorpidimenti.
La zona dolorosa può non essere necessariamente la stessa de sito della lesione. Il dolore insorge nella zona neurologica delle strutture attinenti (nervi, radice, midollo spinale , cervello).
Quasi sempre conseguente ad uno stato CRONICO.
Risponde mediocremente agli analgesici classici.
Il dolore NOCICETTIVO ed il dolore NEUROPATICO possono anche coesistere, in questo caso si parla di stato algido “misto” o “combinato”.
Un esempio tipico può essere una lombalgia associata ad una radicolopatia..
In questo caso un approccio terapeutico efficace necessita di una gestione della componente dolorosa sia nocicettiva che neuropatica.
Esiste una correlazione fra:
DOLORE CRONICO
ANSIA E DEPRESSIONE DISTURBI DEL SONNO
L’approcio diagnostico al paziente con dolore CRONICO è in tre tappe:
ASCOLTARE (descrizione verbale del paziente)
LOCALIZZARE RICERCARE
(lesione/disfunzione (anomalie sensoriali,
del sistema nervoso) identificazione degli schemi)
EPIDEMIOLOGIA DEI DISTURBI TEMPORO-MANDIBOLARI
L’epidemiologia si occupa di studiare i fattori che determinano la frequenza e la distribuzione degli stati fisiologici o patologici nella popolazione.
Per quanto riguarda i disturbi cranio-mandibolari i dati della letteratura spesso sono discordanti come numeri poiché i dati presi in considerazione (segni e/o sintomi, quali segni e quali sintomi) spesso non sono omogenei.
Attualmente l’utilizzo sempre più frequente, nei lavori scientifici, dei criteri diagnostici e di ricerca dei disordini temporomandibolari (RDC-TMD) proposti da S.F. Dworkin nel 1992, tende a rendere i risultati dei lavori più uniformi.
Secondo J. P. Okeson, che è uno degli Autori più autorevoli in materia, la maggior parte degli studi effettuati esaminando individui adulti dimostrano che una percentuale che va dal 40% al 75% di essi presenta almeno un segno di disfunzione e circa il 33% degli stessi ha almeno un sintomo (dolore muscolare, dolore articolare ecc..).
Per quanto riguarda la diffusione dei disturbi muscolari lo stesso J. P. Okeson sostiene che la maggior parte dei pazienti con disturbi cranio-mandibolari mostra una tensione dei muscoli masticatori durante la palpazione e circa il 40% di essi riferisce dolori durante la masticazione.
Secondo E. Schiffman e coll., prendendo in considerazione tutti i pazienti con disturbi cranio-mandibolari, quelli con disturbi muscolari in percentuale sono maggiori di quelli con disturbi articolari.
F. Lobbezoo e coll., in uno studio di revisione della letteratura, dividono i pazienti con disturbi cranio-mandibolari in tre sottogruppi: soggetti con disordini muscolari (Gruppo I), soggetti con internal derangement articolare (Gruppo II) e soggetti con artralgie artrosi e artriti (Gruppo III); la conclusione del lavoro è che i soggetti del primo gruppo con sono quelli percentualmente più rappresentati.
B. C. Cooper e coll., in uno studio condotto su 26 soggetti sani asintomatici, per mezzo di analisi strumentali, hanno dimostrato che la maggior parte degli stessi hanno una disfunzione della muscolatura cranio-mandibolare.
Si può concludere che i dati della letteratura, pur non essendo univoci, dimostrano che i disturbi cranio-mandibolari sono molto diffusi nella popolazione generale e che, nell’ambito degli stessi, i disturbi della componente muscolare sono quelli percentualmente più rappresentati.
EZIOLOGIA DEI DISTURBI TEMPORO-MANDIBOLARI
M. Molina e D. Viscuso riconoscono 4 tipi di fattori eziologici come causa dei disturbi cranio-mandibolari.
TABELLA: classificazione dei fattori eziologici dei distrubi cranio-mandibolari
-FATTORI TRAUMATICI: -traumi diretti
-traumi indiretti
-microtraumi
-FATTORI ANATOMICI: -relazioni scheletriche
-relazioni occlusali
-FATTORI FISIOPATOLOGICI: -fattori sistemici
-fattori locali
-FATTORI PSICOLOGICI.
Come per il resto della pratica medica i fattori eziologici devono essere divisi in:
-fattori predisponenti
-fattori scatenanti
-fattori perpetuanti.
Secondo la letteratura, e la esperienza clinica della maggior parte degli Autori, i fattori scatenanti sono, quasi sempre i traumi e stress emotivi, che sovraccaricano il sistema masticatorio.
Di questi i secondi sono molto più frequenti, come agenti eziologici scatenanti, dei primi.
Gli altri fattori vanno considerati predisponenti o perpetuanti.
Quando si effettuano cure odontoiatriche bisogna sempre, comunque, nei limiti del possibile, dare stabilità dentale, stabilità occlusale e stabilità ortopedica al sistema masticatorio del paziente.
Una malocclusione dentale può essere considerata fattore scatenante solo quando interviene improvvisamente, per esempio dopo cure odontoiatriche non congrue, o quando esiste una rilevante instabilità ortopedica, cioè quando la discrepanza fra posizione muscolo-scheletrica stabile e massima intercuspidazione supera i 3-4 millimetri.
Anche in questi casi però è sempre opportuno, prima di procedere a modificazioni occlusali irreversibili, rilevare ed eliminare eventuali fattori che determinano iperattività della muscolatura masticatoria.
IL DOLORE DELLE ARTICOLAZIONI TEMPORO-MANDIBOLARI
CLASSIFICAZIONE DEI DISORDINI DELLE ATM
L’effetto clinico dei disordini delle ATM, può essere rappresentato da:
-dolori facciali
-rumori nei movimenti mandibolari
-difficoltà nell’apertura della bocca
-blocco di alcuni movimenti
-esagerata apertura della bocca
-asimmetrie facciali.
Di questi sintomi i dolori sono quelli per i quali i pazienti si rivolgono più frequentemente al dentista.
La classificazione dei disordini delle ATM proposta da M. Molina e D. Viscuso (2002), in linea con quelle riconosciute dalla letteratura internazionale, è la seguente:
-internal derangement (incoordinazione condilo-meniscale)
-ipermobilità
-disturbi infiammatori
-osteartriti (non infiammatorie)
-anchilosi
-disturbi congeniti e dello sviluppo
-fratture.
In seguito verrà descritta la incoordinazione condilo-meniscale, che è quella che si può presentare più frequentemente al dentista.
Essa si distingue in:
-SPOSTAMENTO DEL DISCO CON RIDUZIONE:
-spostamento funzionale
-click reciproco
-dislocazione funzionale
-SPOSTAMENTO DEL DISCO SENZA RIDUZIONE.
Nello SPOSTAMENTO FUNZIONALE il disco è spostato solo leggermente.
La sintomatologia è la seguente:
-rumore in apertura nei primi 10 mm.
-non rumore in chiusura
-raramente dolore.
Nel CLICK RECIPROCO il disco è spostato maggiormente; è il disordine articolare più frequente.
La sintomatologia è la seguente:
-rumore in apertura 10-30 mm.
-rumore in chiusura più vicino al contatto dentale
-eventuale dolore.
Nella DISLOCAZIONE FUNZIONALE si ha uno spostamento del disco ancora maggiore.
La sintomatologia è la seguente:
-rumore in apertura oltre 30 mm.
-rumore in chiusura più vicino al contatto dentale
-eventuale deviazione della mandibola in apertura
-possibili episodici blocchi acuti del movimento (in seguito a sovraccarichi acuti) che si sbloccano
spontaneamente o in seguito a manovre messe in atto dal paziente.
-spesso dolore
Lo SPOSTAMENTO SENZA RIDUZIONE (blocco articolare) è la situazione nella quale il disco si è spostato ulteriormente per cui non viene ricatturato nell’apertura.
Può essere classificato in:
-ACUTO: -apertura 24-26 mm.
-deviazione in apertura verso il lato affetto
-impossibilità della lateralità controlaterale
-dolore
-CRONICO: -apertura 35-40 mm.
-leggera deviazione in apertura verso il lato affetto
-eventuale progressione verso osteoartrite
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