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impianti per l'ancoraggio in ortodonzia Dr. Claudia Bortolaia, Dr. Francesco Pedetta

Una questione molto importante in ortodonzia e’ rappresentata dall’ANCORAGGIO, ossia il sistema messo in atto per contrastare la FORZA di REAZIONE che sempre si sviluppa, uguale e contraria, all’applicazione della forza necessaria per spostare i denti.
I sistemi di ancoraggio possono essere rappresentati da dispositivi intra-orali (solidarizzazione di piu’ denti tra di loro, elastici, archi palatali, bottone di Nance, lip bumper, apparecchi mobili e molle) o da dispositivi extra-orali (trazione extra-orale –TEO- o maschera facciale)
Non tutti questi sistemi funzionano alla stessa maniera ed è risaputo che l’ancoraggio extraorale è superiore a quello intraorale.
In alcuni casi poter contare su un valido ancoraggio non e’ facile: nel caso di pazienti parodontopatici o par-zialmente edentuli o di denti con radici di lunghezza ridotta e’ difficile ottenere un solido ancoraggio dentale, mentre il ricorso ad ausili come la TEO o elastici intra-orali si basa interamente sull’attiva collaborazione del paziente.
Con l’avvento della moderna implantologia e del concetto di osteointegrazione si e’ aperto un nuovo capitolo nella storia dell’ancoraggio.
Data la loro assoluta immobilita’, gli impianti rappresentano un ancoraggio perfetto in assenza di richiesta di cooperazione da parte del paziente, il sogno di ogni ortodonzista!

Le INDICAZIONI dell’ANCORAGGIO su IMPIANTI sono rappresentate da:
• arretramento e/o intrusione dei settori frontali
• reintrusione dei molari sovraestrusi in assenza degli antagonisti
• chiusura di spazi estrattivi o agenetici in casi di ancoraggio massimo o minimo
• proclinazione del gruppo frontale inferiore in assenza di unita’ reattiva
• estrusione extra-arcata
• disinclusioni chirurgiche
• ancoraggio ortodontico per distalizzazione
• ancoraggio ortodontico dopo distalizzazione
• ancoraggio per impattamento (chiusura morsi aperti)
• ancoraggio per dispositivi distalizzanti o di ancoraggio (pendulum, distal jet, bottone di nance)

Le COMPLICAZIONI sono rappresentate da:
• perdita dell’impianto (scorretto posizionamento, forze eccessive o torsionali, caricamento troppo preco-ce degli impianti ad osteointegrazione)
• infiammazione dei tessuti molli (non corretta igiene orale, testa della vite troppo grossa o sporgente, im-pianto posizionato in zone di mucosa alveolare)


Le possibilita’ offerte da questa branca dell’odontoiatria anche in campo ortodontico sono state esplorate in varie direzioni.
I primi ad essere utilizzati sono stati i classici impianti da carico protesico, cilindrici o a vite e con diverse caratteristiche di superficie, che offrono, tra gli altri aspetti, il vantaggio di poter costituire un pilastro protesico gia’ pronto alla fine del trattamento ortodontico, laddove necessario.
Tuttavia non mancano numerosi svantaggi:
• sono ingombranti e richiedono una quantita’sufficiente di osso (spesso non presente)
• possono intereferire con il movimento ortodontico
• rappresentano una spesa aggiuntiva non indifferente per il paziente
• la guarigione avviene in 4-6 mesi (nel caso della chirurgia 2-step),allungando considerevolmente i tempi della terapia
• sono utilizzabili solo in pazienti adulti
TAC, OPT e radiografie endo-orali sono gli esami radiografici da richiedere nel caso si proceda con la conven-zionale procedura implantare.

L’evoluzione successiva ha portato alla produzione di mini-impianti retromolari, i cui vantaggi sono rappre-sentati dal fatto che l’area e’ anatomicamente sicura, la disponibilita’ ossea adeguata (impianto 7 mm) e si puo’ assicurare la stabilita’ primaria dell’impianto
Gli svantaggi sono costituiti dal fatto che sono impianti osteointegrati e vanno pertanto rimossi alla fine della terapia e che la TAC e’ altamente consigliata.


Nell’arcata superiore e’ sempre stata studiata la possibilita’ di sfruttare il palato come area di ancoraggio, nella regioni mediana e paramediana:”onplants”, mini-viti e mini-plate sono stati proposti a tale scopo, per fornire assoulto ancoraggio dei settori posteriori a dispositivi come la barra transpalatale, il bottone di Nance, il distal-jet o il pendulum.
Gli svantaggi sono rappresentati dal fatto che possono essere usati solo in pazienti adulti, richiedono un lungo periodo di guarigione (4-6 mesi), un adeguato supporto osseo, un intervento chirurgico di rimozione ed un ac-curato esame pre-operatorio (clinico e radiografico) per non ledere le importanti strutture anatomiche limitrofe: bisogna valutare lo spessore osseo, la morfologia e il decorso del canale nasopalatino, la posizione delle radici dei denti incisivi e il rapporto con le cavita’ nasali).


Un’altra proposta e’ stata l’introduzione delle viti bicorticali, adatte nei casi di ancoraggio minimo per la chiu-sura degli spazi estrattivi o agenetici e che offrono il vantaggio di poter essere caricati immediatamente, di poter essere posizionati negli spazi interradicolari e rimossi con il semplice svitamento.
Ovviamente richiedono accurata analisi radiografica.


La vera evoluzione si e’ realizzata con le micro-viti non ad osteointegrazione, costituite da acciaio e non da titanio, utilizzabili anche in pazienti in crescita e con carico immediato.
Sono meno ingombtranti rispetto ad altri modelli presentati e vanno rimosse con un semplice svitamento dopo 6 mesi. Anche il posizionamento e’piu’ veloce e meno invasivo rispetto ad altri sistemi.
Sono ideali per l’intrusione dei settori frontali sovra-estrusi o di singoli elementi.


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